La psichiatria e la psicoanalisi nel campo della psicopatologia

Psicoanálisis y psiquiatría
Alcune note sull’evoluzione del concetto di psicosi nel campo della psichiatria: il sapere psichiatrico. Semiologia psichiatrica.

Testo istituito per la Cattedra di Psicosi Clinica della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica di Chieti, Italia.

Scuola tedesca: Kraepelin e Bleuler

Il termine psicosi fu introdotto nel 1845 da Ernst von Feuchtersleben, rettore dell’Università di Vienna. La parola era usata per distinguere i disturbi considerati disordini della mente in contrapposizione a quello di nevrosi, inteso a indicare i disturbi del sistema nervoso. In questo modo, la psicosi divenne l’equivalente della vecchia nozione di follia, il che portò a discussioni sull’esistenza di una o più forme della nuova malattia. Il concetto di psicosi indica una certa organizzazione della soggettività in cui Freud vide una modalità specifica di perdita della realtà con regressione della libido nell’Io e l’eventuale costituzione di un delirio come tentativo di guarigione. Per Lacan, il meccanismo costitutivo delle psicosi è la preclusione del Nome del Padre. Sebbene non esista una definizione propriamente psicoanalitica, è merito della psicoanalisi essersi sforzata nell’elaborazione delle proprie teorie per far luce sui meccanismi psichici che conducono alle psicosi e per differenziarle dal campo delle nevrosi. Freud è stato il pioniere indiscutibile e ineludibile dei progressi teorici psicoanalitici riguardanti le psicosi, mettendo in discussione la teoria della soggettività del suo tempo. Sebbene crei un modo senza precedenti di pensare lo psichico, costruisce una nosografia che utilizza la terminologia psichiatrica classica. Le sue osservazioni si basano su una metapsicologia, essendo parte dell’originalità freudiana, in modo tale che i suoi studi descrivono la costruzione e il funzionamento dei processi psichici e i diversi aspetti della loro dinamica attraverso l’uso di concetti simbolici e metaforici, la maggior parte delle volte, presi dal mondo della fisica. D’altra parte, il modello teorico è stato costituito dal lavoro clinico con i pazienti o come prodotto dell’osservazione diretta e sviluppato ampiamente da Freud, con la necessità di erigere una struttura teorica consistente per la psicoanalisi. Freud è stato seguito in ulteriori sviluppi da vari pensatori, tra cui Lacan, Klein e Winnicott. Se confrontiamo la sua teoria con la nosografia del tempo, Freud, come Kraepelin, intravide un legame tra paranoia e catatonia, ma non accettò l’assunzione di una organogenesi del fenomeno, piuttosto cercò di spiegarlo a partire dalle proprie ipotesi, evidenziando la base sessuale delle psicosi e fornendo una chiave, con la teoria della libido, per leggere i diversi tipi di delirio. Il più famoso fu lo studio sulle “Memorie di un malato di nervi” pubblicato nel 1903 dal Presidente della Corte suprema di Dresda, il Dottore in legge Daniel Paul Schreber.

Concettualizzazioni diagnostiche in psichiatria

Dal punto di vista psichiatrico, ci sono due concettualizzazioni diagnostiche fondamentali che possono essere caratterizzate, a grandi linee, come fenomenico-descrittiva e clinico-nosografica. Anche se diverse l’una dall’altra, come spesso accade in questo campo, i confini non sono così chiari. Negli estremi le posizioni risultano chiaramente differenziate, ma nel mezzo esiste una linea continua in cui si trovano non solo i vari autori, ma anche le proposte che ognuno tenta di articolare. Ci baseremo sui Trattati di psichiatria di Kraepelin e Bleuler, fondamentali sotto ogni aspetto.

A) La concettualizzazione clinico-nosografica

La struttura del libro di Kraepelin è interessante in sé poiché per la prima volta le malattie che conosciamo sono raggruppate secondo criteri abbastanza simili a quelli utilizzati abitualmente, oltre a formulare la nozione di demenza precoce. Si tratta dell’unità nosografica per la quale Bleuler introdurrà nel 1911 il termine di schizofrenia, ancora vigente. Quindi, cosa delimita la concettualizzazione clinico-nosografica? Nel suo Trattato di psichiatria, Kraepelin esamina le possibili cause della follia. In tedesco: Die Ursachen des Irreseins. Ursache è generalmente tradotto come “causa”, ma si tratta di un concetto più complesso poiché il prefisso Ur indica qualcosa di originario, lontano, basilare, qualcosa che è alla base di qualcos’altro. Sachen significa semplicemente “cose”, quindi sono “le cose fondamentali delle follie”. Irrestein è follia, mancanza di senso e ha a che fare con l’errore di giudizio. Pertanto, Kraepelin parte dalle cose essenziali, dalle ragioni fondamentali dell’errore di senso in cui consistono le follie. Usa il termine al plurale per indicare che ci sono diversi tipi ed elenca le loro cause fondamentali.

Kraepelin e le cause delle follie

Per Kraepelin, la questione centrale è la connessione tra una forma di alienazione e la sua causa fondamentale. Di conseguenza, non vi è alcuna possibilità di parlare di un tipo di follia a meno che non non venga situata primeramente in relazione alle sue Ur-sachen, alle cause fondamentali che fondano quello stato psicologico. Successivamente, l’autore le differenzia in cause esterne e interne.

1.Cause esterne:

Corporali. Tra queste situa le malattie del cervello, quelle nervose, gli avvelenamenti, le malattie infettive, cambiamenti chimici, oltre a diabete, carcinoma, leucemia, clorosi, ecc. Infine, sono il prodotto di alterazioni chimiche messe insieme da prove causali. – Psichiche. Risulta singolare che le menzioni come parte delle cause esterne. Attualmente corrisponderebbero ai cosiddetti disturbi affettivi. Tra questi allude ad esempio, ai movimenti dei sentimenti. Li mette in relazione con qualcosa che viene modificato o si muove “all’interno del soggetto” a causa di situazioni che si trovano al di fuori di lui, come la reclusione, la guerra, l’ipnosi, le epidemie e i disturbi della volontà. Ciò significa che per Kraepelin ci sarebbero persone normali che non hanno alcuna predisposizione alla malattia e che a causa di una serie di incidenti esterni -che si tratti di una condizione cerebrale o nervosa; una guerra; un lutto o una catastrofe naturale, vale a dire, una serie di eventi che divide tra psichici e fisici- potrebbe soffrire di una malattia mentale. In altre parole, in questo raggruppamento causale, pensa alla patologia come il risultato di un’esperienza drammatica.

2. Cause interne:

Le cause interne o predisponenti sono nozioni legate alla cultura e alla società di quel momento storico. Corrispondono a deviazioni dal modello comportamentale che si suppone funzionale, socialmente condiviso e accettato. Alcune sono molto interessanti, come le procedure generali della vita nei confronti dello Stato e del paese di appartenenza. L’idea è che ci siano comportamenti legati alla Patria o alla famiglia che si presume appartengano a una persona normale. Comparativamente, Gall, inventore della frenologia, ha cercato di identificare anomalie delle funzioni psichiche in relazione alle caratteristiche fisiche studiate in alcuni soggetti. “Frenologia” significa studio della mente attraverso gli aspetti visivi, misurabili, esterni e oggettivabili del cranio e delle caratteristiche somatiche. Questa tematica verrà ritrovata più avanti in Lombroso.

Le manifestazioni delle follie

Il secondo grande capitolo descrive il modo in cui le malattie iniziano a manifestarsi. Tra i principali disturbi si trovano i Wahrnehmungsvorganges. Nhemen significa prendere, Wahrheit verità, War il vero, ciò che è al di fuori di noi. Quindi si tratta dei disturbi dell’apprendimento del vero. Attualmente sarebbero chiamati “della percezione sensoriale”, sebbene sia necessaria una distinzione fondamentale: l’alterazione della percezione non è lo stesso che il disturbo di apprendimento del vero, in cui sorge il problema di relazionarsi con ciò che esiste nel mondo. Vale a dire, se allungo la mano per prendere una penna, mi aspetto che la penna sia lì. Questa “percezione della verità” può disorganizzarsi in alcuni soggetti. Di conseguenza, ciò che Kraepelin interroga sono i disturbi che ubisce la coscienza, la sua percezione e costruzione, per descrivere dopo un’intera serie. I secondi disturbi descritti sono i Verstandesthatigkeit, ossia, la possibilità di comprendere le cose del mondo. Ancora una volta, la questione terminologica è importante. La parola che Kraepelin usa è Verstandes, che deriva dal verbo verstehen e significa intendere, capire. Successivamente, dall’inizio alla metà del Novecento, Jaspers, succeduto da Heidegger nella cattedra di filosofia di Heidelberg, scrisse un libro di Psicopatologia Generale in cui si interessa alla differenziazione di due concetti: verstehen ed erklaren. Verstehen è intendere, Erklaren è spiegare. Quindi, se qualcuno mi dice che vede la Vergine e lo metto in relazione con un’alterazione nel circuito dopaminergico dell’area cerebrale limbica, spiego perché quella persona ha una visione, ma non è una comprensione del perché. Non lo capisco, ma lo spiego. La sua esperienza emotiva, affettiva, relazionale e psichica è ancora radicalmente strana per me, anche se posso spiegarla. Quindi “una spiegazione non è una comprensione”. In sostanza, quando Kraepelin usa la parola Verstandesthatigkeit, lo fa per indicare un disordine nella capacità di comprendere il mondo descrivendo il momento in cui un soggetto psicotico inizia ad avere difficoltà a comprendere le cose. È la soglia della malattia. Per illustrare questo, il libro di Bleuler propone un esempio che si basa su ciò che Kraepelin ha identificato:
Ricordo ancora l’episodio di una mia paziente, una giovane donna catatonica molto grave. Un giorno mi sono seduto a lungo con lei nel giardino della comunità dove lavoravo senza dire una parola, e ho fatto quello che per me era un gesto casuale: mi sono grattato la testa, ho incrociato una gamba e mi sono accesa una sigaretta. Gesti quotidiani che vengono eseguiti inconsciamente. Tali gesti indicavano una differenza radicale rispetto alla sua immobilità e ho pensato che potesse essere offensivo per lei. Ho trovato difficile muovermi normalmente davanti a una persona così bloccata, una statua di carne. Quindi, io stesso ho condiviso quell’immobilità. Sono stato molto colpito e, in un certo senso, sull’orlo di un’esperienza psicotica. Quando per qualche motivo ho considerato che quell’incontro era giunto al termine, ho detto qualcosa del tipo: “Va bene, ci vediamo domani”. Mi è stato difficile alzarmi dalla panchina. In quel periodo di tempo, il gesto fu estraneo alla mia corporalità. Mi è sembrato di aver rotto una specie di catatonia indotta. Cioè, pensavo di aver causato qualcosa anche se lo metto in dubbio perché di solito tendiamo a collocare gli eventi in relazione causale. In ogni caso, l’autentica corrispondenza con la causa è un’altra questione. Il giorno dopo la giovane donna venne da me e disse: ʽSa dottore, devo dirle una cosaʼ, e questo era già sorprendente perché non parlava da molto tempo. ʽHo fermato il mondo per capire cosa stava succedendo. Mi sentivo come se qualcuno stesse andando a teatro e guardasse una commedia in cui gli attori si muovono troppo in fretta per capire. Ho fermato tutto, volevo leggere il testo per scoprire quali copioni muovevano le persone perché altrimenti non capisco niente del mondo». Poi tornò nel suo silenzio impossibile da rompere. Quindi, cosa voglio dire? Questo è un episodio in cui un’altra persona mi ha fatto riflettere sull’importanza della nostra comprensione del mondo, del capire. Quante volte vediamo che i nostri pazienti producono sintomi apparentemente banali, il cui significato è suscettibile di sfuggirci? (Bleuler, 1985) [1].
 

Il mondo a pezzi

Una delle domande fondamentali che hanno occupato gli studiosi della malattia mentale è legata ai processi psichici che si attivano in una persona che ha subito lo smantellamento del proprio mondo. È stato osservato che, come nella cosiddetta normalità, i soggetti tentano di spiegarsi ciò che non capiscono, cercando collegamenti tra i pezzi frammentati di discorso in una sorta di esperimento di riparazione estemporaneo, ai fini di ricostruire un senso attraverso l’uso di forme deliranti che generalmente non sono credute nemmeno da loro stessi. Da un certo punto di vista, il delirio può essere considerato un testo cicatriziale. Significa che quando il codice sociale condiviso con il quale spieghiamo e comprendiamo le cose viene infranto, il soggetto psicotico realizza una nuova lettura del mondo, ma il significato appartiene solo a lui. Ad esempio, il rosso del semaforo indica, secondo un codice sociale consensuato, qualcosa di preciso. Concerne il senso comune. Ma se succede qualcosa nella persona e il rosso del semaforo diventa soltanto una palla rossa che cambia colore senza che essa capisca il perché, costruirà una nuova spiegazione: “Forse il rosso significa che devo fermarmi, che non posso fare quello che sto facendo, cioè… andare a trovare la mia ragazza… Non posso andare lì perché quel rosso dice di no”, o “il rosso mi dice che è tempo di vedere rosso, di arrabbiarmi, di dare libero sfogo al mio desiderio di distruggere”. Sono frammenti di percezione e il tentativo di unirli con un nuovo significato. È ciò che Kraepelin descrive come disturbo della comprensione. Da questo punto di vista, il delirio è una formazione secondaria. I disturbi della comprensione sono: del pensiero, del giudizio, della velocità e del corso della rappresentazione. Ad esempio, nella fuga d’idee -che per Kraepelin è un disordine della “velocità del pensiero”- il soggetto non è in grado di seguire il filo di un discorso, cioè, non ha finito di dire una cosa che comincia a dirne un‘altra, sebbene le idee prese, ciascuna separatamente, siano accettabili. In realtà i nostri pensieri sono costruiti con frammenti di diverse linee discorsive, ma in qualche modo alcuni riescono a diventare sileziosi nello sviluppo del discorso esplicito. Una logica discorsiva. Quando parliamo non scegliamo le parole pensandole prima di pronunciarle. L’abituale è scoprire ciò che è stato detto après-coup, secondo un meccanismo di cui si ignora praticamente tutto. Questo significa che l’essere umano quando parla è generalmente in grado di eseguire una sorta di selezione di idee, oltre ad accettare la frustrazione di non poter dire tutto ciò che gli viene in mente. Il discorso ci espone alla necessità di esprimere i concetti in parole, lentamente e con calma. Di conseguenza, tra il nostro mondo interiore e quello che si esprime, esiste una tensione sempre irrisolvibile e talvolta difficile da sostenere. Alcuni soggetti non riescono a sopportare tale tensione, che si manifesta fenomenicamente, seguendo Kraepelin, secondo due modalità:
  1. Le idee diventano parola senza mediazione alcuna. Queste non possono essere posticipate, ossia, qualcosa si forma e spinge per essere detto, dopo qualcos’altro appare nella coscienza e allo stesso modo non può essere ritenuto. È una corsa impossibile in cui le parole si susseguono una dopo l’altra componendo il quadro che riceve il nome di “fuga di idee”. Si tratta di una delle modalità che illustra il fatto che nelle psicosi l’inconscio è a cielo aperto.
  2. Il silenzio. Ci sono pazienti che sembrano avere qualche tipo di impedimento per parlare. Il soggetto ci guarda, apre la bocca e non riesce a dire nulla: non è in grado di articolare quell’accumulo fatto di percezione, sentimento, sensazioni e parole perché non vuole non perdere il suo oggetto interno. Ad esempio, fenomenicamente i pazienti catatonici sono nella contemplazione di quel magma e non tollerano la sua frammentazione, cioè, non essere in grado di riprodurlo nella sua totalità.
Tra le manifestazioni delle follie, seguono i disturbi del Gefuhlslebens, cioè i disturbi della vita degli affetti. Il termine Gefuhl è di uso comune e si traduce come “quello sentito” o “sentimento”. Nella traduzione italiana moderna si usa “affetto” o stato d’animo. In realtà “affetto” è un termine problematico poiché non entra nell’orizzonte concettuale della psichiatria fino a Freud, che lo usa per la prima volta in un modo estremamente preciso. In particolare non definisce i sentimenti, vissuti o emozioni, ma lo usa come espressione qualitativa della quantità di energia pulsionale e le sue variazioni. Freud elabora la sua prima classificazione delle nevrosi tenendo conto del comportamento del soggetto in relazione ai suoi affetti. Inoltre, per Kraepelin, ci sono i disturbi della volontà e dello Handelns. Hand è mano, Handel è guidare, quindi, sono i disturbi della capacità di operare nel mondo.

Il decorso e la durata delle follie: la demenza precoce

Infine, il terzo grande capitolo è il decorso, il risultato e la durata delle follie. Qui si introduce la questione principale per la quale viene riconosciuto Kraepelin: la diagnosi e la definizione di ciò che ora chiamiamo schizofrenia, precedentemente nota come Dementia praecox. Questa nosografia presenta una difficoltà nella sua significazione visto che include la prognosi. Ovviamente, si intuisce quanto sia difficile lavorare con il sopraccitato concetto operativo poiché il peso della diagnosi è enorme. Prognosi significa: “conoscere ciò che è avanti”, diagnosi: “conoscere attraverso”. Cioè, in questo caso, so della malattia attraverso la prognosi. È necessario ricordare che quando Kraepelin inquadra una diagnosi, esegue un’operazione molto chiara. Allora perché sceglie il termine di “demenza precoce”? Con questa clasificazione la demenza precoce viene confrontata alla demenza senile dovuta all’invecchiamento. Di conseguenza, se compaiono in una persona certi segni come ad esempio il delirio, quella persona diventerà demente, vale a dire, che il risultato di quella malattia sarà la demenza, ma nel qui e ora si trova in una fase precedente o precoce rispetto alle altre evidenze cliniche in cui riconosco tale malattia. In sintesi, registro l’esistenza di alcune manifestazioni che mi permettono di identificare la patologia e il suo decorso. Per quanto riguarda la demenza precoce, vale la pena ricordare i suoi sintomi positivi, che sono: il delirio, l’allucinazione e l’angoscia massiva. I negativi, d’altra parte, sono caratterizzati da un meno riguardo al normale funzionamento: apatia relazionale, abulia e tutti quei sintomi che iniziano con la lettera “a” che indica un privativo, il segno di un’assenza.

B) Concettualizzazione fenomenico-descrittiva

Da un lato, Kraepelin inizia la linea clinico-nosografica che definisce la patologia mentale in base alle sue cause, sviluppo e risultati, mentre la lettura di Bleuler, direttore dell’ospedale psichiatrico Burghölzli di Zurigo, esamina un altro tipo di approccio della affezione psichica. Il testo di riferimento è l’edizione italiana del Trattato di psichiatria (Bleuler, 1985) che è stato rivisto e rielaborato da suo figlio. Per questo motivo, le categorie risultano in qualche modo spostate a causa di riflessioni psicodinamiche e fenomenologiche assenti nel testo originale. Tuttavia, la struttura descrittiva rimane. La configurazione di Bleuler mira a descrivere il funzionamento psichico generale dell’individuo valido per tutti, ovvero, presenta le funzioni nella loro normalità, come il pensiero, la memoria, l’orientamento e l’affettività per poi dettagliarne la loro valenza patologica. La prima parte del libro è articolata attorno alla nozione di conscio e inconscio. In seguito, cita le singole funzioni chiamate centripete che vanno dalla periferia al centro, distinguendo tra loro la sensazione, la percezione e la comprensione. Posteriormente, si occupa delle funzioni centrifughe, orientate dal centro alla periferia. Quest’ultima è una nozione molto vicina a quella di istinto,ovvero, ciò che parte dall’individuo e si dirige verso qualcosa che è al di fuori di lui. Ad esempio, il piatto di spaghetti nell’istinto alimentare, un soggetto nell’istinto sessuale e così via. Bleuler ritiene che:
Il raggruppamento della molteplicità di manifestazioni psicopatologiche in unità morbose chiaramente diverse è irraggiungibile. Un fattore patogeno può causare numerosi quadri fenomenologici e un’immagine fenomenologica può essere causata da diversi fattori patogeni (Bleuler, 1985) [2].  
  In altre parole, introduce un concetto d’estremo interesse: il delirio può manifestarsi in una struttura di tipo isterico, ma anche in un’altra di tipo psicotico. Secondo Bleuler, Kraepelin si concentra sullo sviluppo di un sistema di unità morbose perché ragiona come un medico. Per questo motivo considera la malattia come una unità in quanto tale. Tuttavia, per Bleuler esistono sintomi individuali che si raggruppano in modo diverso a seconda del caso. D’altra parte, ciascuna funzione può risultare alterata e d’accordo alla disposizione di dette alterazioni, si descrivono i quadri sindromici. Di conseguenza, ci sono insiemi di sintomi transitori che si radunano in modo aleatorio, mantenendo la loro genesi a livello della produzione sintomatica. Se, per esempio, viene presa la memoria, Bleuler la descrive inizialmente in modo generale per poi nominare ciascuna delle sue possibili alterazioni: amnesia anterograda o retrograda, dismnesia, ipermnesia. In sintesi, sono dettagliate le caratteristiche generali della funzione e in un secondo tempo le diverse forme patologiche.

I tempi del DSM

Nell’attualità, la psichiatria moderna prende come riferimento il Diagnostic Statistical Manual (DSM) prodotto dall’American Psychiatric Association (APA). Di conseguenza, quando uno psichiatra riceve una persona con sintomi psichici, la norma è segnare su un foglio ciascuna delle alterazioni legate alle diverse funzioni quali l’amnesia, la distrazione patologica, le allucinazioni uditive e altre. Questa serie di item si uniscono e compongono una sindrome. Cioè, la giustapposizione di certi segni suggerirà questo o quell’aspetto sindromico. Tale modo di conformare una diagnosi introduce una serie di questioni. In particolare, nella schizofrenia sono stati descritti sintomi fondamentali e accessori; primari e secondari. Quindi, per formulare un giudizio diagnostico, cosa è necessario? Un sintomo primario e un altro accessorio? O quattro accessori e un mezzo fondamentale, o quattro del tipo primario e quattro del tipo secondario? Questa modalità solleva criteri formali che a causa della loro difficoltà di applicazione, vengono costantemente trascurati dal professionista. Tuttavia svolge chiaramente la funzione di stabilire un limite, un freno e un’omologazione al proprio discernimento. Inoltre fornisce un’omogeneizzazione alla molteplicità dei linguaggi presenti in psichiatria, anche se si allontana dalle intenzioni di Bleuler. Nonostante ciò il DSM è considerato il testo princeps della concettualizzazione fenomenico-descrittiva. Puntualmente, nella classica distinzione kantiana, il fenomeno è ciò che differisce dal noumeno. Il fenomenico è dell’ambito della percezione, di ciò che si vede e si articola con un’altra presunta entità che sta in una posizione di supporto, ma anche di invisibilità e quindi di supposizione necessaria: il noumeno. Analogamente, la categorizzazione fenomenico-descrittiva non aspira ad andare oltre il fenomeno, di quello che appare ed è proprio della superficie. In altre parole, rinuncia alla questione del noumeno, alla sostanza dietro l’apparenza che fa da spia e da schermo e si limita semplicemente a descrivere ciò che vede e percepisce. D’altra parte, il nome del Manuale contiene in sé una contraddizione. Se il termine diagnosi significa “conoscere attraverso”, il percorso verso il suo riperimento è anti-diagnosi poiché si stabilsce secondo una modalità che ostacola tale possibilità, visto che nel DSM si descrivono gruppi sindromici riconosciuti dalla confluenza di un certo tipo di sintomi. Già nell’introduzione ci si imbatte in un’altra questione da considerare e presente nel nome del volume: Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, il che implica una distinzione tra disturbi mentali e disturbi fisici, e che costituisce un anacronismo riduttivo rispetto al dualismo mente-corpo. Peraltro un’ampia letteratura documenta l’esistenza di molto di fisico nei disordini mentali e molto di mentale nei disturbi fisici. Come abbiamo già visto in Kraepelin, c’è stata una disgiunzione tra il campo psicologico e quello fisico. Per illustrare l’impossibile della posizione, se qualcuno mi schiaffeggia è molto probabile che mi alteri. Tale costellazione psichica non è un colore dell’anima, ovvero, non esiste un puro psichismo, ma si riconoscono determinazioni biologiche precise, ad esempio: si produce un aumento di sostanze a livello ematico e intersinaptico, le catecolamine si modificano, ecc. Ad ogni modo, nessuno direbbe che la persona che ha ricevuto lo schiaffo era nervosa perché certe sostanze sono salite a livello della sinapsi. Ognuno di noi penserà che era arrabbiato perché è stato picchiato. Siamo in uno stato di comprensione. Se diciamo che la rabbia corrisponde a una modificazione ormonale complessa e ai neurotrasmettitori che costituiscono la base biologica, siamo al livello di spiegazione. Sappiamo che qualsiasi attività biologica cerebrale implica una modificazione dell’attività psichica. In questo modo, l’argomento della causa viene affrontato a diversi livelli. Ma quante volte abbiamo sentito che la psicoterapia è indicata in alcuni casi clinici e non in altri? Come comprendere una diagnosi in cui alcune sindromi sono suscettibili al trattamento psicoterapeutico e altre no? Questi sono modi di procedere poco formalizzati ed esplicitati. Infine, la questione della diagnosi solleva non poche domande. Ad esempio, esiste un altro tipo di formalizzazione in cui frustrazione, privazione e castrazione significano qualcosa. In essa, l’ipotesi diagnostica fa presente la questione dell’oggetto. Analogamente, ogni essere umano ne è preso nella continuità del suo pensiero cosciente. Quando parliamo e ci muoviamo, lo facciamo in modo tale che un termine si collega al successivo e che la nostra gestualità è coerente con ciò che diciamo. In altre parole, c’è un silenzio di ciò che Freud ha chiamato “le formazioni dell’inconscio”. Normalmente, la nostra idea di salute mentale ha a che fare con il silenzio dell’inconscio. Non è il caso quando si presentano lapsus, atti mancati, allucinazioni, sogni, idee deliranti, ipocondriache e quant’altro. Quando si parla di psicosi, perversione, nevrosi o fobia, si fa riferimento alla formazione o alla manifestazione dell’inconscio che, in quel momento, è in atto. Quindi l’inconscio è in atto o non è. Se è in atto, produce qualcosa. Ciò significa che devo differenziare quando una parte del discorso di un paziente è prodotto da pensieri che si trovano sulla tela della coscienza, e quando qualcos’altro appare con valore di acting-out, passaggio all’atto o di una qualsiasi delle formazioni sopra menzionate. Per questo motivo, siamo obbligati a rispondere in modo diverso alla produzione psicotica e alla produzione nevrotica. A partire da Lacan, lavorare con le psicosi è possibile.
  • Author: Dott.ssa Rosana Alvarez Mullner
  RIFERIMENTI [1] BLEULER, E. (1985), Dementia praecox o il gruppo delle schizofrenie, NIS, La Nuova Italia Csientifica, Roma. [2] Ibidem. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  1. Bleuler E. (1967), Tratado de Psiquiatría, España, Calpe ed. primera edición.
  2. Bleuler E. (1985), Dementia Praecox o il grupo delle schizofrenie, Roma, Italia, La nuova Italia Scientifica.
  3. Freud S. (1993), Tres ensayos para una teoría sexual, Tomo VII (1905) Amorrortu ed., Buenos Aires, Argentina.
  4. Freud S. (1991), Sobre un caso de paranoia descrito autobiográficamente, Schreber, Volumen 12 (1911-13), Argentina, Amorrortu ed.
  5. Jaspers K. (1993), Psicopatología General (1913), México, Fondo de Cultura Económica.
  6. Kraepelin E. (1996), La demencia precoz, Parafrenias, 2° parte, Argentina, Polemos S.A.
  7. Lacan J. (1992), Las Psicosis, Seminario, libro 3 (1955-56), Argentina, Paidós.
  8. Schreber, D.P. (1999), Memorias de un enfermo nervioso, Buenos Aires, Argentina, Perfil libros.