L’amore di transfert nei tempi della valutazione

 

Riassunto: Il presente lavoro propone una lettura sull’amore di transfert come strumento che ostacola o favorisce il processo di insegnamento-apprendimento e trova i suoi maggiori inconvenienti nei momenti valutativi. Si propongono quindi alcuni tratti soggettivi relativi alla relazione insegnante-studente prodotto di modalità valutative della nuova e vecchia scuola in accordo con i processi di transfert.

Parole chiave: fenomeni di transfert – valutazione dei processi – esame – relazione insegnante-studente – amore-odio – Soggetto supposto Sapere (SsS).

I professori sono consapevoli di certe manifestazioni della soggettività umana prodotte da fenomeni di transfert? L’emergere del transfert nel rapporto insegnante-studente, per le sue caratteristiche, esiste da sempre. In ogni caso, è possibile che non sia stato notato, non possieda per gli insegnanti sufficiente entità o non ne valga l’attenzione a causa delle difficoltà nella sua lettura e nel giungere un inquadramento adeguato. Tuttavia, le sue manifestazioni possono ostacolare il proseguimento di una lezione, l’apprendimento di uno studente che non riesce inspiegabilmente a progredire, richieste costanti verso l’insegnante o attacchi alla sua persona. Ciò è dovuto al posto simbolico e immaginario che l’insegnante occupa. Tale posizione topologica è scatenante dei più vari affetti, anche se la norma sia osservare una ambivalenza di sentimenti verso di loro che oscilla tra i poli amore-odio. A volte, il luogo che lo studente attribuisce è di riconoscimento e ammirazione, ovvero l’insegnante opera nella funzione dell’ideale dell’io. Altre volte, la situazione in classe è lo scenario perfetto per mettere in atto questioni conflittuali in relazione all’autorità, al sapere e all’alterità. La valutazione è uno dei momenti più intensi del processo di insegnamento-apprendimento in quanto mobilita lo studente. La sua soggettività è attraversata da questioni legate alla conoscenza, al potere, al valore che egli stesso si attribuisce o ciò che sente di valere per l’Altro. In alcuni casi, i diversi elementi si abinano suscitando reazioni di ogni tipo. Attualmente, le tendenze in materia educativa pongono l’attenzione su processi valutativi che invitano lo studente a partecipare attivamente, con le implicazioni transferali che comporta. D’altra parte, l’istruzione attuale, che un tempo si basava principalmente sulla trasmissione di contenuti e sui controlli disciplinari, promuove un posizionamento valutativo diverso e una relazione insegnante-studente che favorisce forme transferaliconfacenti. Il presente lavoro propone la lettura di alcuni tratti soggettivi relativi al rapporto insegnante-studente come risultato di modalità valutative della nuova e vecchia scuola in corrispondenza con i processi transferali.

Cosa è il transfert?

Questo fenomeno scoperto da Freud, sebbene centrale per la teoria psicoanalitica, non è esclusivo di essa. Di fatto, il transfert tende a verificarsi, ad esempio, nel rapporto medico-paziente, insegnante-studente e con tutte le figure a cui il soggetto gli suppone un sapere. In tali legami vengono trasferite articolazioni di esperienze passate e schemi parentali infantili. Inoltre, il verbo “trasferire” deriva dal latino transferre, che significa “portare, passare da un posto all’altro”. Specificamente:

ogni essere umano, per effetto combinato delle sue disposizioni innate e delle influenze ricevute nella sua infanzia, acquisisce una specificità determinata (…) per le condizioni di amore che stabilirà e per le pulsioni che soddisferà, così come per gli obiettivi che si porrà. Ciò dà per risultato, per così dire, un cliché [o anche più di uno] che si ripete -viene ristampato- regolarmente nel suo percorso di vita. (Freud, 1991, pp. 97-98)

Se prendiamo come riferimento la relazione insegnamento-apprendimento, il transfert sulla persona dell’insegnante può essere, come nell’ambito psicoanalitico, uno strumento facilitatore o invece, generare la più forte resistenza. Nel secondo caso, il materiale complesso dell’inconscio del soggetto rende incomprensibili le difficoltà emerse nei processi di apprendimento o nei comportamenti specifici fino al punto di dare luogo a scene insensate o almeno non congrue tra lo stimolo e la reazione dello studente, situazione che si aggrava nei momenti valutativi. Sulla questione e in occasione del cinquantesimo anniversario della sua Scuola, Freud scrive un testo per il quale sceglie due argomenti che ritiene rilevanti: l’esame finale e la figura dell’insegnante. Racconta che, quando era studente, l’argomento fu la scelta di una professione e il suo desiderio “di fare qualche contributo al nostro sapere umano” (Freud, 1993b, p.248) che, effettivamente, segnò la sua vita. Egli ricordò la valutazione assegnata dagli esaminatori per poi approfondire sui processi animici inconsci in relazione agli insegnanti.

Dice: “anticipatamente ci inclinavamo ugualmente all’amore e all’odio, alla critica e alla venerazione” (Ibidem). Considera che persiste verso gli insegnanti “una corrente sotterranea mai estinta” (Ibidem). Precisa che immaginariamente gli si ammirava o respingeva, si identificavano con loro provocando rivolte o sottomissione, spiavano le loro debolezze ed erano orgogliosi del loro sapere. Questo amore di transfert, prodotto dell’instaurazione di atteggiamenti affettivi precoci nel bambino, è uno strumento vantaggioso nella trasmissione della conoscenza ma anche di conseguenze rischiose se non fosse percepito o, ad esempio, se qualche insegnante destinatario di quell’amore emettesse una valutazione non soddisfacente per lo studente. Effettivamente, Freud, in un altro articolo chiamato L’interesse pedagogico (1993b), insiste sul beneficio che la didattica potrebbe ottenere dalle teorizzazioni psicoanalitiche.

Il corpo valutato

Più di due secoli fa, la nascita delle Istituzioni ha portato con sé la valutazione dei corpi come pratica necessaria al fine di identificare il diverso nell’essere umano per correggerlo ed educarlo. L’insieme di procedure correlate erano la classificazione, il controllo e le misurazioni. Gli individui sottomessi risultavano utili alla nuova società dell’illuminismo. In questo senso, “la disciplina incanalava il soggetto ed era impartita negli ospedali, nell’esercito, nelle scuole, nei collegi o nei laboratori” (Foucault, 2009, p.7). La punizione era conseguenza diretta della valutazione effettuata. L’idea kantiana di una morale universale giustificava allora punire il disobbediente. La pena, di carattere correttivo, faceva dei valutati esseri colpevoli di non rispondere all’ideale di integrità. Ma la punizione si accoppia inesorabilmente a qualcos’altro. Il godimento derivato dall’implementazione delle pene si intravede. Nelle parole di Lacan: “Credevate così sant’uomo Kant, guardate cosa si può fare con lui: Sade!” (Lacan, 1987, p.744).

In epoche precedenti all’invenzione della psicoanalisi e ancora molto dopo, nelle scuole e nelle famiglie predominava la punizione e la soffocazione quasi violenta delle pulsioni in vista della sottomissione e della formazione del carattere anche se non si traduceva in un comportamento migliore o in risultati di apprendimento superiori. Era consueto cercare di ridurre le espressioni di certe fasi dello sviluppo dell’essere umano, dall’infanzia all’adolescenza. Il punto più estremo a cui si è giunti in questo senso è stata la cosiddetta pedagogia nera. Una corrente basata sulle dottrine educative del pedagogo Daniel Gottlob Moritz Schreber. Le Associazioni Schreber, fondate per formare “uomini migliori e più obbedienti” (Schatzman, 1976), arrivarono a contare nella Germania del 1958 più di due milioni di membri. Lo scopo della strategia educativa era “diventare il padrone del bambino per sempre” (Ibidem).

Qualsiasi manifestazione di volontà autonoma in lui doveva essere annullata. A tal fine inventò i celebri “strumenti per raddrizzare l’umanità” (Ibidem), imbracature corporee utilizzate sui suoi stessi figli. Il tentativo di soffocare le pulsioni arrivava al punto di far fare una doccia ai bambini con acqua gelida prima di dormire per evitare atti impuri. Si trattava di una valutazione e controllo esercitati sul corpo per addomesticarel’anima. Due dei suoi cinque figli, entrambi giudici, entrambi sottoposti alle pratiche educative del padre, subirono conseguenze nefaste: uno si suicidò e l’altro passò alla storia per essere il caso con cui Freud riformula la paranoia, Daniel Paul Schreber (1871-1911). Nelle sue parole è la chiave: “Quando la mia malattia nervosa sembrava incurabile, giunsi alla convinzione che un assassinio dell’anima fosse stato compiuto in me da qualcuno” (Ibidem).

L’omicidio della sua anima perpetrato dal padre portò alla strutturazione di una psicosi con un tipo di transfert massiccio sul prossimo dove nessuna prova di fatto riusciva a far abbandonare le sue idee deliranti. In tale caso, la società gli aveva Supposto un Sapere al padre di Schreber, che era stato convalidato anche da un titolo universitario e dal rango, il che diede origine ad una corrente pedagogicacapace di commettere grandi errori sotto il motto “lo faccio per il tuo bene”.

L’esame e “ciò che sfugge”

Nel XX secolo, la valutazione si stabilisce come strategia di esercizio del potere. I suoi meccanismi di dominio vengono eseguiti attraverso disposizioni, manovre e tecniche utili al funzionamento della classe. Per Foucault, i metodi punitivi non sono soltanto conseguenze di regole trasgredite, ma rispondono a un campo più generale che comprende ordinamenti di potere. L’inizio del film I quattrocento colpi lo illustra in modo eloquente. Nell’aula di una scuola di Parigi, durante lo svolgimento di un esame, gli studenti dissacrano il momento passando furtivamente tra loro un’immagine di una pin-up. Il professore li ricorda con una punizione dove risiede il potere. Anche la discrezionalità dei numeri lo sottolinea: “Avete trenta secondi!; Conto fino a tre!” (Truffaut, 1959). Le cifre della valutazione vanno nella stessa direzione. Antoine, il giovane protagonista, cerca ripetutamente di sottrarsi all’autorità incontestabile dell’Altro e ai suoi numeri, tuttavia, il discorso dominante non viene messo in discussione. Il compito dell’insegnante è “rivoltare le viscere ai suoi studenti” (Ibidem). La legge viene imposta da lui. Una delle frasi del professore lascia il segno e Antoine fa proprie le parole del maestro, identificandosi con esse: “offendo le mura della classe” (Ibidem). Una verità acquisita che lo spinge a sottrarsi da lì con bugie. La valutazione della sua persona, costantemente negativa, induce il protagonista a dissociarsi. In questo caso, l’evasione come risorsa è indispensabile per costituirsi come soggetto. Di fronte all’assoluto dell’Altro, sottrarsi diventa necessario per poter esistere. La psicoanalisi lo legge come un “passaggio all’atto”. Quello che il giovane sottrae alla scena è “ciò che non si adatta”, ovvero, sé stesso. D’altronde, il nocivo dei pronunciamenti degli adulti continua ad accompagnarlo. Di fatto, una serie di eventi immergono Antoine in un mondo doloroso e senza gli strumenti necessari per dominarlo. Come nell’esempio del film, sia attraverso stratagemmi che consentano di vivere almeno una “individualità nascosta” o “disertando dalla scena”, ciò che sfugge sempre è l’essere del soggetto.

Lo sguardo normalizzatore e la colpa di non essere

 In materia educativa e nel corso del tempo si registrano cambiamenti di obiettivi rispetto a ciò che doveva essere valutato. Il corpo e la sua punizione fisica lasciano il posto allo sguardo che svela e a un tipo di punizione non corporale. Attraverso la sorveglianza, la scuola diventa una sorta di strumento di valutazione costante che confronta gli studenti ininterrottamente, questa volta, a un ideale di normalità che permette di misurare e punire. La differenza viene resa visibile per puntare all’omogeneizzazione dei tratti dello studente. Così, l’individualità diventa punibile. Foucault afferma al riguardo che l’esame “abina le tecniche della gerarchia che sorveglia con quelle della sanzione che normalizza” (2009, p. 115), ma permette anche di dare specificità a tale individualità e di etichettarla, collegando il soggetto ai suoi tratti distintivi, quelli che segnaleranno all’Istituzione il grado di deviazione attraverso i voti. Lo sguardo normalizzatore consente di “valutare, classificare e punire” (P. 112).

Nella trama del film Lo sguardo invisibile (Lerman, 2010) si sviluppa nelle scuole argentine l’idea predominante degli anni ’70: vigilare per disciplinare. La protagonista incarna un potere esercitato ma non posseduto. Lei è soltanto quello sguardo che controlla tutto. L’individualità di ciascuno si disgrega. In questo senso, l’obiettivo ultimo della valutazione continua ad essere punire il godimento, ma questa volta, quellolegato all’individualità del soggetto. Foucault afferma che:

Il fatto di essere visti senza sosta, di poter essere visti costantemente, è ciò che mantiene nell’assoggettamento l’individuo disciplinato e mantiene gli osservati in un meccanismo di oggettivazione. Un potere che si manifesta solo attraverso il suo sguardo. Il potere si dispiega sul corpo dei sudditi, che attraverso la valutazione sono leggibili e docili (Foucault, 2009, p113).

In questa linea di ragionamento, la punizione è l’espulsione dal gruppo dei “normali” con la conseguente stigmatizzazione. È una delle motivazioni per le quali si vuole appartenere all’Istituzione oltre alle necessità curricolari, per “non essere anormale”. Dall’inconscio, lo studente si posiziona come io ideale di fronte all’insegnante. Cerca di soddisfare le sue aspettative, d’essere ciò che il maestro desidera. Immaginariamente, cerca di completare l’Altro. Da qui che la domanda “l’ho fatto bene?” nasconda quella inconscia “sono io che ti completo?”. In questa logica non ci sono limiti visto che l’Altro non si completa mai. È una dinamica dove la colpa di non essere o di essere qualcos’altro tocca la profondità dell’essere del soggetto. Se la relazione di insegnamento-apprendimento è impostata in questo senso, si otterranno soggetti dipendenti, con una aggressività caratteristica della didattica ricompensa-punizione.

Per quanto riguarda lo sguardo, la sua funzione è in sé enigmatica. Attraverso di esso si scrive qualcosa del soggetto, sia nei documenti compilati dagli insegnanti dove si coglie e sottolinea qualcosa, sia nel “essere visto”. Ma perché esercita tale potere sull’essere umano? Perché ha di per sé un carattere valutativo insidioso? Si può sottolineare con Lacan che “l’occhio è già specchio” (Lacan, 2006, p. 242) e ciò che restituisce ha a che fare con il proprio del soggetto. È una forma di presa del proprio fantasma nell’altro; ciò che qualcun altro riesce a catturare al di là dei tentativi del soggetto di nasconderlo. Allo stesso modo, lo sguardo di chi è investito di autorità ha una doppia condizione transferale: di riconoscimento, fortemente desiderato dal soggetto e quella di incarnare il Super-io e i suoi comandamenti. Per il suo carattere inconscio, se queste mosse trovano terreno fertile, possono manifestarsi nel rapporto insegnante-studente inducendo a situazioni sconcertanti.

 Quale epoca per quale valutazione?

Nella nostra attuale civiltà come civiltà della scienza, la ricerca è orientata a trovare parametri utili alla costruzione di basi di dati che consentano di operare sulle masse. In ultima analisi, gli algoritmi del Big Data non riescono a impedire che la particolarità del soggetto continui a sfuggire, rendendo instabile qualsiasi classificazione che lo coinvolga. Nell’epoca degli slittamenti è ciò che cambia continuamente. Gli statistici chiamano il fenomeno “effetto sapone”. Allo stesso modo, “per la psicoanalisi non esiste un normotipo ma modi di funzionare di ogni essere umano, motivo per cui il normale non trova, in questa teoria, il suo posto” (Laurent, 2019). Freud aveva già constatato il fallimento della civiltà nel cercare di reprimere le pulsioni, ma il Super-io della nostra epoca è molto diverso da quello che lui conosceva. È un Super-io del permisivismo, anche insaziabile, ma il suo imperativo è un consumismo senza limiti nella ricerca dell’oggetto che soddisfi di più e meglio. Da questa prospettiva, le posizioni transferali e sintomatiche nella relazione insegnante-studente sono attraversate dalla questione del limite, dall’immediatezza, dalle vicissitudini, dalcoinvolgimento e dal desiderio; condizioni che si amplificano nei momenti valutativi.

In generale, gli studenti sono più indulgenti rispetto ai loro doveri, non hanno la sottomissione di un tempo e se non si stabilisce un legame operativo diventa difficile un lavoro formativo che consenta una relazione significativa con il sapere. In questo senso, per la psicoanalisi esistono due tipi di sapere: l’uno dei conoscimenti accademici e l’altro dell’inconscio. Il primo è quello che viene insegnato e trasmesso. D’altra parte, il sapere dell’inconscio è qualcosa da produrre. Paradossalmente, è un sapere non saputo che opera silenziosamente nel soggetto e nei suoi rapporti, in questo caso, quello dell’insegnante-studente.

Il desiderio veicolato dall’inconscio è considerato motore dell’insegnamento. Da qui che il professore devatener presente l’esistenza di una quota di non sapere in entrambi che influisce su ciò che si vuoletrasmettere e su quello che si riceve dall’altra parte. Sullo stesso piano, lo studente riconosce al maestro un sapere come parte della relazione educativa: “a colui che gli ho supposto un sapere, lo amo” (Lacan, 2008, p17).

Si pensa che la valutazione per processi sia quella che meglio si adatti allo studente attuale poiché si basa non sull’autorità, ma su un tipo di asimmetria che sostiene l’impegno dello studente in ciò che ha deciso di produrre. Inoltre, affinché la valutazione sia compresa come criterio socializzante e formativo, non dovrebbe mirare all’efficienza -che nuovamente si ricollegherebbe alla normalizzazione e allo statistico- ma alla distintività dello studente e alla sua produzione come sovversione di ogni classificazione e criterio normalizzante. Perché tale particolarità si manifesti, al di là dell’operatività dell’amore di transfert è necessario includere nella relazione insegnante-studente un vuoto, in modo tale che lo studente ospiti qualcosa della sua differenza, del suo marchio distintivo e riesca ad appropriarsi dei contenuti della cultura in modo sostanziale. Questo quadro di riferimento si basa sul desiderio dell’educatore. Gli insegnanti straordinari descritti da Bain in cui il desiderio di insegnare alimenta il desiderio di apprendimento dello studente rendono possibile tale operatività. La valutazione per processi consente agli studenti una costruzione con obiettivi e traguardi che li coinvolgono nel loro progetto.

Per concludere, si sa che esistono ancora istituti educativi basati sulla verità inattaccabile della conoscenza, sulla valutazione delle prestazioni e sulla costruzione del soggetto disciplinato. Anche se questa concezione è in crisi, si insiste nella formazione degli studenti da contenuti e metodi strumentali alla normalizzazione. Per pensare a un modello educativo che espanda le competenze degli insegnanti a nuove strategie di insegnamento è necessario cambiare direzione. Nel legame educativo il ruolo dell’insegnante e il desiderio di istruire sono attraversati dal transfert, per cui si ritiene necessaria una lettura che tenga conto del quadro teorico della psicoanalisi. È innegabile che la gestione del transfert comporti le maggiori difficoltà, ma riuscendo a inquadrare la situazione si offre allo studente qualcosa che va oltre la conoscenza. Si tratta anche di aiutare gli educatori a comprendere i limiti di ciò che può essere educabile.

A volte, se il problema è di metodo o di contenuto, un intervento pedagogico può risolvere la situazione, ma se c’è qualcosa che spinge ciecamente nello studente, esso non cederà di fronte alla pedagogia. D’altronde, le proposte che tentano d’intervenire sulla presunta unicità del comportamento dell’individuo lasciano fuori la soggettività come conseguenza di non considerare l’esistenza d’altro. In ogni caso, la presenza del transfert è inevitabile e deve essere gestita.

Considerare l’amore di transfert come uno strumento e comprendere il suo rapporto con il registro simbolico consente allo studente di relazionarsi con il proprio desiderio di sapere. Da qui deriva che il mestiere di insegnare e valutare ponga una responsabilità etica, perché: come si può valutare il desiderio?

Dott. Rosana Alvarez Mullner

Link a la revista: Doxa y Episteme en la Universidad

 

Riferimenti bibliografici

Bain, K. (2007) Lo que hacen los mejores profesores de la universidad, capitulo 7: ¿Cómo

     Evalúan a sus estudiante y a sí mismos? España: Publicación de la Universidad de Valencia.

Freud, S. (1991) Sobre un caso de paranoia descrito autobiográficamente (Schreber); Trabajos

     Sobre técnica psicoanalítica y otras obras (1911-1913), Tomo XII, artículo: Sobre la dinámica de la transferencia. Argentina: Amorrortu Editores.

Freud, S. (1993a) Tótem y tabú y otras obras (1913-1914), Tomo XIII, artículo: Sobre la

     Psicología del colegial. Argentina: Amorrortu Editores.

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     Pedagógico. Argentina: Amorrortu Editores.

Foucault, M. (2009) Vigilar y castigar, nacimiento de la prisión. Argentina: Siglo XXI Editores. 

Lacan, J. (1987) Escritos 2, artículo: Kant con Sade. Argentina: Siglo XXI Editores.

Lacan, J. (2008) Il transfert, libro VIII. Torino: Piccola Biblioteca Einaudi.

Lacan, J. (2006) La angustia, libro X. Argentina: Paidós.

Laurent, E. (2019) La época del sinthome. Conferencia dettata nella UBA. Argentina.

Schatzman M. (1976) La famiglia che uccide. Roma: Feltrinelli.

Lerman, D. (2010) Lo sguardo invisibile. Argentina: Film.

Truffaut, F. (1959) I quattrocento colpi. Francia: Film.

 

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