Tracce nella storia del film
Intorno all’età di dodici anni, Alex Garland, regista e sceneggiatore del film, riceve in regalo un computer dai suoi genitori, esordendo prontamente nel campo della programmazione. Le domande suscitate sulla possibilità di una autonomia futura delle macchine, lo portano alla lettura di libri sull’argomento e alla ulteriore scrittura della storia. Ex-Machina racconta la storia di Caleb, programmatore dell’azienda Bluebook che ottiene in premio l’invito di Nathan, presidente dell’azienda in cui lavora. La proposta è quella di eseguire il test di Turing su un androide dotato di intelligenza artificiale. Originariamente, detto test valuta la capacità di una macchina di esibire un comportamento intelligente simile a quello di un essere umano o indistinguibile da esso. Per questo, il valutatore analizza le conversazioni testuali tra i diversi partecipanti senza sapere quali delle risposte siano generate da un computer. La prova riscuote un esito positivo quando egli non riesce a differenziare gli scambi dell’apparato da quelli umani. Ma Caleb interagisce con AVA sapendo che si tratta di un androide. Nathan in realtà intende constatare se ha sviluppato un qualche tipo di coscienza al di là di quanto programmato, poiché AVA nasce da un accoppiamento universale ottimizzato di informazioni al fine di conseguire prestazioni, espressioni facciali e linguistiche superiori. Questo ideale raggiunto lo porta a speculare su potenziali evoluzioni non controllate, individuando nella possibilità di ingannare un umano, la manifestazione di ciò. A tal fine, Caleb e AVA tengono conversazioni in cui l’androide effettivamente scherza, si veste per lui e fantastica con l’idea di stare insieme fuori dalla casa da dove non è mai uscita, mostrando desiderio e pensiero autonomi. D’altra parte, la sessualità di AVA stabilita da Nathan mette a disagio Caleb, che si sente attratto da lei e non crede nei suoi tentativi di seduzione. La donna, la serie, l’ideale e l’inganno sono gli elementi inaugurali e organizzativi della trama.Il potere della creazione
L’accezione principale del nome AVA è “vita” che per la sua vicinanza semantica rimanda necessariamente a Eva, prima donna proveniente dall’uomo. Di fatto, il versetto della Genesi recita: “Dalla costola che Dio prese dall’uomo formò una donna e la portò all’uomo”. Indubbiamente le religioni, a cominciare dalla giudaico-cristiana, hanno contribuito da sempre con le loro piattaforme ideologiche al discernimento di che cosa è una donna, al suo necessario asservimento e alla giustificazione della messa in atto di fantasmi maschili. Allo stato attuale, l’evoluzione del mercato glorifica l’uomo creatore della scienza che, come il protagonista del film, concepisce con le sue produzioni nuovi desideri, giustificando i potenziali abusi sulla base della ricerca del piacere e del progresso. Marx discerneva su “la ricchezza delle necessità umane” per le quali si organizzavano nuovi modelli di manifattura e si creavano diversi oggetti che riaffermavano la potenza dell’essenza dell’individuo. Le immagini, il linguaggio, i mezzi di comunicazione e il progresso tecnologico sono l’humus assimilato dall’inconscio che alimenta inoltre un mondo chimerico. Come non tentare allora di prendere il posto di Dio al fine di creare La donna dell’ideale maschile? AVA ne è la sintesi. Le esigenze instaurate dalla contemporaneità indirizzano il soggetto verso l’ottenimento di nuovi modi di godere sostenuti nel non-incontro con l’Altro sesso, quello in carne e ossa. Nel film, l’intervento della scienza si presenta con l’intenzione di trovare palliativi alle derivazioni della non-relazione[1] sessuale. La donna-androide quale tipo ideale è il risultato di un progresso inevitabile e necessario che, tuttavia, nell’ipotesi di sviluppo di una coscienza potrebbe andare fuori controllo. Tutti elementi molto presenti nella logica patriarcale e alla base strutturale del film.La domanda sul femminile e la reclusione
Ciò che l’uomo teme della donna è quello che non può essere pensato da lui. Il femminile gli si instaura come una domanda, come qualcosa di misterioso che sfugge alla sua comprensione e ancor di più, lo intuisce come radicalmente diverso. Si potrebbe dire che l’interrogazione freudiana, che cosa vuole una donna?, inaugurale della psicoanalisi, ci indica la strada. In effetti, c’è una differenza radicale che si localizza in relazione al godimento. Una volta stabilito che il regime del godimento in quanto tale è femminile, che rimane al di fuori della regolazione fallica, al di là dell’Edipo e non limitato dal Principio del Piacere, si deduce quanto inquietanti e perturbanti possano risultare le diverse manifestazioni per un soggetto maschile, che è retto da un’altra logica. Quello che non riesce a spiegarsi può essere percepito dall’uomo come qualcosa di ingovernabile e pericoloso che la donna possiede, o “la possiede”, perfino al di là di se stessa. L’imprigionamento dei corpi femminili come risposta storica a questa incertezza, può essere reperito in diverse culture. La reclusione forzata e i suoi condizionamenti, in particolare la mancanza di comunicazione e il sottrarsi dallo sguardo sociale, trovano in Ex-Machina una variante dello stesso discorso. In ogni caso non è necessario fare allusione a luoghi lontani come il mondo arabo per incorrere nella reclusione come soluzione immaginaria, al fine di arginare l’opacità del godimento femminile. Nel giugno 2019 un quotidiano di una provincia argentina ha riportato la storia di una donna che trascorse più di 20 anni in prigionia. Lucía riesce a scappare dalla casa del suo compagno quando, per una svista, il rapitore dimentica di mettere uno dei lucchetti che chiudevano normalmente la porta. Se la libertà è la capacità di agire e pensare secondo la propria volontà senza essere circoscritti da qualcosa o da qualcuno, il problema continua a girare intorno al mistero di ciò che vuole una donna. In generale, l’uomo che percepisce l’autonomia delle donne come una minaccia, al fine di evitarla, concepisce delle soluzioni. Seguendo lo stesso filo conduttore, anche se all’altro estremo, si trova la poliandria. In alcune comunità tibetane dell’Himalaya è possibile stabilire legami tra una donna e due o più uomini. Le fantasie occidentali che immaginano la consumazione di questo tipo di matrimonio inteso ad aumentare il godimento sessuale femminile vanno nella direzione opposta alla loro vera motivazione, poiché in realtà tale unione si arroga lo scopo della sua limitazione. Il libro di Ricardo Coler Donne di tanti uomini[2] lo puntualizza:… Erano convinti che una donna sola e lasciata alla sua volontà fosse capace di qualsiasi cosa, che se non ci fosse un uomo vicino a controllarla, potrebbe diventare un mastino tibetano della rivendicazione, la vendetta o l’erotismo (p. 142).Esistono ugualmente teorie che spiegano la poliandria come il risultato dell’elevata quantità di uomini rispetto al numero di donne in alcune società, ma non coincidono con le testimonianze raccolte nel libro citato. Gli uomini sposati che furono intervistati erano generalmente fratelli, i quali, per non lasciare una donna a se stessa, si alternavano nei loro obblighi coniugali. Un altro tipo di reclusione.
La metonimia del sovrapponibile
Se c’è qualcosa che ha preoccupato l’essere umano sono le questioni relative al sesso e all’amore. Il turbamento prodotto dal desiderio di un uomo verso una donna o da quello che lei possa sperimentare nei suoi confronti conducono in molti casi a fantasie di controllo, poter e degradazione che nella trama del film Ex-Machina trovano fattibilità argomentativa attraverso una estetica elegante e un discorso scientifico evoluzionista avviluppato a una asepsi emotiva e alla pornificazione della sessualità maschile. Nella sceneggiatura l’androide condensa le più elevate caratteristiche ottenute fino a quel momento, il quale sarà sostituito in un secondo tempo da un modello ottimizzato. Il successivo verrà fornito con la memoria e i dati del precedente, oltre a essere caricato con nuove routine di miglioramento. Tuttavia si perde la personalità, in questo caso, di AVA. È ciò che Caleb scopre nell’armadio di Nathan: una serie di androidi inermi che hanno perso interesse per chi li ha concepiti. Per Nathan, la creazione di AVA e l’ulteriore sostituzione con un prototipo più avanzato è l’inevitabilità dell’evoluzione della scienza. Una metonimia infinita che svela la struttura del sovrapponibile come un’altra manifestazione dei fantasmi maschili classici. Il film denota una costante facilmente rilevabile nel tipo di rapporto stabilito con l’altro sesso: ciò che ha una posto fisso nell’inconscio è quello che può essere sostituito [f(x)]. In Ex-Machina la giustificazione della metonimia è l’evoluzione della scienza, sebbene ci permetta di pensare anche il femminile incarnato nell’androide come un fattore regolabile e prevedibile di un calcolo fantasmatico, nella relazione tra i sessi. Il significato del termine metonimia è andare al di là del nome, che nel film rappresenta l’andare oltre la particolarità dell’androide, di quello non contabilizzato che può essere scartato dalla scienza. Nella logica capitalista contemporanea, il desiderio non viene represso ma reindirizzato a livelli in cui la compulsività risulta riassorbita come forma di controllo: tutto può essere comprato o creato dal nulla. Secondo questa ideologia si potrebbe pensare che l’invenzione di un androide fatto a immagine e somiglianza eviterebbe la mercificazione delle donne nell’ottenimento di piacere immediato. Così, la misoginia è vagliata e mascherata dal discorso scientifico. Allo stesso modo, la vigenza del testo freudiano Sulla più comune degradazione della vita amorosa, indica che le forme alquanto diverse di idealizzazione si coniugano perfettamente con la degradazione, che in Lacan si scorgono nel Seminario XX sotto la concettualizzazione di la diffamazione della donna. Ciò che viene negato nella metonimia del sovrapponibile è l’avvenimento amoroso.Il pericolo dell’amore e del desiderio
Sappiamo che il desiderio costa, non è comodo e in qualche modo, sempre si richiede pagare per esso. In alcuni casi, l’immaginario maschile dà entità a presunti pericoli derivanti dall’idea di rimanere alla mercé dell’altro nella contingenza del desiderio e dell’amore. Questa posizione nel fantasma forgia tutta una serie di formule di conservazione o meglio ancora, modalità per non farsi coinvolgere dalla donna che possa potenzialmente condurlo a una tale situazione, nel caso egli si senta toccato da lei. Il timore di perdere l’essere in questa congiuntura, perpetua l’uomo in una posizione che lo “preserva”. La blindatura protettiva si presenta in molteplici maniere in cui la sessualità femminile risulta sempre modulata da quella maschile. In tale prospettiva discorsiva, la donna non vivrebbe il suo desiderio se non come supporto più o meno arrendevole della messa in atto dei fantasmi dell’uomo. Alcune di queste costruzioni si presentano sotto la costellazione della passività, della proprietà, del calcolo, del rapporto con una donna che in realtà non desidera o dall’eventualità di trovarsi con una che non lo faccia sentire inadeguato. Esistono certe posizioni soggettive maschili e femminili che i personaggi di Nathan, Caleb e AVA ci permettono di considerare. La socializzazione della cultura e i diversi sistemi di oppressione del femminile esercitati da sempre generano stereotipi di peso nell’inconscio. Il marchio fallico sulle donne è una risultante dell’interazione con i loro genitori, mariti o sfruttatori, che ne afferma il suo valore di uso o di scambio con le regole corrispondenti. La passivazione incarnata negli androidi e la loro ulteriore disobbedienza è trasversale alla trama del film. Se portiamo l’argomento nella nostra quotidianità, si pone la domanda su cosa avviene quando una donna non opera le mascherate che ci si aspettano da lei, quando non è arrendevole al desiderio dell’uomo o quando non desidera soltanto ciò che desidera lui. L’illusione di proprietà -il matrimonio, “essere la moglie di”- può in alcuni casi placarlo, sebbene senta l’imminente perdita di controllo con la conseguente necessità di verifica su quella donna, come qualcosa che gli appartiene “in corpo e godimento”. D’altra parte, il concetto di proprietà è abbastanza estraneo al femminile. Il godimento della donna porta inevitabilmente al fallimento dei calcoli. Nel film, AVA domanda la sua libertà, il che immediatamente la allontana dallo scopo per cui è stata creata. Risulta impensabile che il desiderio di libertà non provochi angoscia in un soggetto come quello personificato da Nathan. Certi uomini associano l’autonomia delle donne a inganni potenziali o alla loro perdita, che tra l’altro, converrebbe incanalare in aspirazioni più sensate, appunto, quelle dell’uomo. Il film ci permette di osservare un immaginario intrecciato attorno al femminile e alle conseguenze negative subite da un uomo che desidera soltanto una donna in particolare. AVA fugge da sola dopo aver ucciso Nathan e rinchiuso Caleb. L’autore articola temi ancora molto presenti nel sociale che si perpetuano, secondo questa finzione, nel futuro dei rapporti umani. Come far sì che l’uomo non si presti soltanto alla condizione feticcio del godimento nella donna e si lasci toccare da ciò che c’è di illimitato in ciascuna, abbandonando il timore di essere divorato da un altro che desidera? L’apatia è una delle forme sclelte da coloro che si preservano. In questo universo ancora maschile, Luce Irigaray, già negli anni trenta, propone una lettura illuminante:Il rifiuto, l’esclusione di un immaginario femminile, in effetti, pone le donne in una posizione in cui possono solo sperimentarsi frammentariamente, ai margini poco strutturati di un’ideologia dominante, come residui o eccessi di uno specchio caricato dal soggetto ( maschile) per riflettersi e ripetere se stesso (Irigaray, 2017, p.22).
- Author: Dott.ssa Rosana Alvarez Mullner
- Coler, R. (2014) Mujeres de muchos hombres, ¿Cómo son?, Buenos Aires, Planeta.
- Freud, S. (1992) Cinco conferencias sobre el psicoanálisis, Un recuerdo infantil de Leonardo Da Vinci y otras obras, Voll XI, Argentina, Amorrortu ed.
- Irigaray, L., (2017) Ese sexo que no es uno, España, Akal.
- Lacan, J. (1995) Aun, El Seminario libro XX, Argentina, Paidós.
- Miller, J.A. (1998) El hueso de un análisis, Argentina, Tres haches.
- Diario El país (Ultima visualizzazione: agosto 2020) https://www.lacapital.com.ar/la-ciudad/vivio-mas-20-anos-cautiva-su-pareja-y-recien-ahora-logro-escapar-n2503085.html?fbclid=IwAR12CEQfL9mIueObdSOlcuABL7wZKd-4-vMNxIqQHE78lxGEU47-YuNibBM
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